Ricorso  per  la  regione  Toscana  in persona del presidente della
 giunta regionale Marco Marcucci, rappresentato e difeso per mandato a
 margine  del presente atto dall'avv. Alberto Predieri e presso il suo
 studio elettivamente domiciliato in Roma, via G. Carducci  n.  4,  in
 forza  di  deliberazione  g.r.  n.  372 del 21 gennaio 1991 contro il
 Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore   per   la
 dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 2- bis del
 d.-l. 31 ottobre 1990, n. 310,  convertito  con  modificazioni  nella
 legge   22   dicembre   1990,  n.  403,  introdotto  dalla  legge  di
 conversione, pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  302  del  29
 dicembre 1990.
    1.  - L'art. 2- bis del d.-l. n. 310/1990 "disposizioni urgenti in
 materia di finanza locale", introdotto con la legge di conversione n.
 403/1990, dispone quanto segue:
    "1. Le regioni possono contrarre mutui decennali, nei limiti delle
 perdite risultanti dai bilanci redatti e  approvati  ai  sensi  delle
 norme vigenti relativamente agli anni 1987, 1988, 1989 e 1990, per il
 ripiano  dei  disavanzi  di  esercizio  delle  aziende  di  trasporto
 pubbliche,  private e in concessione, che non hanno trovato copertura
 con i contributi di cui all'art. 6 della legge  10  aprile  1981,  n.
 151, nonche' limitatamente agli importi residuati dopo l'applicazione
 del primo, secondo, terzo e quarto comma  dell'art.  2  del  presente
 decreto.
    2. L'assunzione dei mutui di cui al comma 1 puo' avvenire anche in
 deroga ai limiti previsti dalle leggi vigenti. Le relative  procedure
 e criteri sono stabiliti con decreto del Ministro del tesoro.
    3.  L'onere  di  ammortamento  dei  mutui  contratti  ai sensi del
 presente articolo e' a carico dei bilanci delle regioni".
    2. - La norma si pone in diametrale e ingiustificato contrasto con
 l'impostazione e i contenuti della normativa previgente  in  materia,
 seguita  alla  legge  quadro n. 151/1981 e emanata in applicazione di
 questa,  con  grave  ed  ingiustificata  lesione   delle   competenze
 costituzionalmente  garantite  e  dei  principi stabiliti dagli artt.
 117, 118, 119, 81, 3 primo comma, della  Costituzione,  di  cui  piu'
 volte la Corte costituzionale ha fatto applicazione.
    Prima  dell'entrata in vigore della legge n. 151/1981 l'art. 3 del
 decreto del Presidente della Repubblica n. 5/1972 disponeva che,  nel
 quadro  del  trasferimento  alle  regioni  a  statuto ordinario delle
 funzioni amministrative esercitate in  materia  di  tranvie  e  linee
 automobilistiche  di  interesse  regionale, erano altresi' trasferite
 alle regioni le funzioni concernenti "la erogazione  di  sovvenzioni,
 contributi e sussidi" (art. 3, lett. c).
    Successivamente,  l'art.  84  del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.  616/1977  trasferiva   alle   regioni   le   funzioni
 amministrative relative alle materie tranvie e linee automobilistiche
 di interesse  regionale,  con  inclusione  dei  servizi  pubblici  di
 trasporto di persone e merci (esclusi gli effetti postali) esercitati
 con  linee  tranviarie,  metropolitane,  filoviarie,   funicolari   e
 funiviarie di ogni tipo, nonche' automobilistiche.
    3.  -  Nella  materia  e'  intervenuta  poi  la  legge-quadro  per
 l'ordinamento dei trasporti pubblici locali (legge 10 aprile 1981, n.
 151).
    Questa   stabilisce   che   le  regioni,  nell'ambito  delle  loro
 competenze, debbano - tra l'altro - adottare "programmi poliennali  o
 annuali  di  intervento  sia per gli investimenti sia per l'esercizio
 dei trasporti pubblici locali".
    Viene    pertanto   privilegiata   la   scelta   dello   strumento
 programmatorio  non  solo  per  quanto  concerne  le   modalita'   di
 svolgimento  del servizio dei trasporti pubblici locali (cfr. art. 2,
 primo comma, lettere a) e  b)),  ma  anche  per  quanto  riguarda  lo
 specifico  profilo  della  erogazione di somme per gli investimenti e
 l'esercizio dei trasporti (art. 2, lett. c)).
    L'art. 5 della legge n. 151/1981 fa esplicito riferimento all'art.
 2, lett. c), stabilendo che "i contributi per l'esercizio e  per  gli
 investimenti  di  cui  alla  lett. c) dell'art. 2, sono erogati dalla
 regione direttamente ovvero tramite gli enti o gli organismi  di  cui
 al  terzo  comma  dell'art.  1"  (ossia  gli  enti  locali  e  i loro
 consorzi).
    Significativamente  l'art. 5 aggiunge che "le somme che le regioni
 stanziano annualmente in appositi capitoli nei propri bilanci  per  i
 suddetti  contributi non possono essere comunque inferiori a quanto a
 tale  scopo  sara'  stato  loro  attribuito  ogni  anno  dallo  Stato
 attraverso i fondi attribuiti dagli artt. 9 e 11".
    4.  -  Questi  ultimi prevedono infatti l'istituzione, da un lato,
 del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio  (artt.
 9  e  10,  dall'altro,  del fondo per gli investimenti (art. 11, 12 e
 13).
    Il  primo,  istituito  presso il Ministero dei trasporti a partire
 dall'esercizio finanziario 1982, veniva dotato  per  il  1982  di  un
 importo  pari  a  quello corrisposto dalle regioni, province e comuni
 alle aziende di trasporto per l'anno 1981.
    Per  gli anni successivi, l'art. 9 disponeva che l'importo sarebbe
 stato determinato con  apposito  articolo  da  inserire  nella  legge
 finanziaria,  anche  in  relazione  all'incremento  della  componente
 prezzi nella variazione del p.i.l. ai prezzi di mercato.
    Quanto  al  fondo per gli investimenti, la sua durata era prevista
 per 4 anni, sino al 1984, dall'art. 11,  con  specifica  destinazione
 agli  acquisti,  costruzioni e ammodernamenti di cui all'ultimo comma
 dell'art. 11, punti 1 e 2.
    5.  - Va aggiunto che ai sensi dell'art. 6 della legge n. 151/1981
 l'erogazione da parte delle regioni dei contributi  di  esercizio  di
 cui  all'art.  5  non  puo' prescindere, quanto alle modalita', dalla
 presenza di "principi e procedure  stabiliti  con  legge  regionale";
 quanto ai contenuti, dall'obiettivo del conseguimento dell'equilibrio
 economico  dei  bilanci,  sulla  base  del  calcolo  degli   elementi
 specificamente  individuati  nelle  lettere a), b), e c) dello stesso
 art. 6, elementi aventi non una mera funzione di generico  indirizzo,
 ma specifica funzione di presupposto necessario per la commisurazione
 dei contributi annuali di esercizio.
    Quanto ai contributi per gli investimenti, l'art. 8 della legge n.
 151/1981 prevede che essi debbano essere erogati solo sulla base  dei
 piani  regionali  di cui alla lett. b) dell'art. 2, nonche' dei piani
 di bacino di traffico di cui al n. 3 dell'art. 3.
    6.  -  Dall'esame  dei  contenuti  della legge n. 151/1981, emerge
 pertanto che:
       a)  al  momento  stesso in cui e' stata prevista e disciplinata
 dalla  legge-quadro  l'erogazione,  a  carico   delle   regioni,   di
 contributi  per  gli  esercizi  e  gli  investimenti delle aziende di
 trasporto,  sono  stati  altresi'   istituiti   due   fondi   statali
 specificamente  destinati  alle  spese regionali per l'erogazioni dei
 predetti contributi.
    La  corrispondenza  tra la spesa regionale e l'ammontare dei fondi
 statali e' particolarmente evidente  per  quanto  riguarda  il  fondo
 nazionale  per il ripiano dei disavanzi di esercizio, dal momento che
 esso, fin dalla sua istituzione, viene dotato di un  importo  pari  a
 quello corrisposto effettivamente dalle regioni per l'anno precedente
 (ossia per il 1981) per le finalita' di cui al primo comma  dell'art.
 9, ossia per il ripiano dei disavanzi di esercizio;
       b)  le  erogazioni  e  i contributi regionali diversi da quelli
 finalizzati al ripiano dei  disavanzi  di  esercizio,  sono  previsti
 dalla  legge  n.  151/1981  unicamente  nel  quadro  di un'azione che
 presenta  il  carattere  imprescindibile  di  una  connotazione   non
 episodica,  anzi  programmatoria, dal momento che tali contributi, ai
 sensi dell'art. 2, lett. c), della legge 151/1981 sono erogati solo a
 seguito   dell'adozione   di   programmi   poliennali  o  annuali  di
 intervento;
       c) ancora, i contributi di esercizio di cui all'art. 5 hanno lo
 scopo di provvedere alle esigenze delle aziende di trasporto solo  in
 quanto  sussista la correlazione tra la loro erogazione e l'obiettivo
 del conseguimento dell'equilibrio  economico  dei  bilanci  (art.  6,
 primo  comma)  e  solo  in  quanto essi vengano erogati in una misura
 risultante dall'applicazione di  elementi  specifici  indicati  dalla
 legge (lettere a), b) e c) dell'art. 6).
    Ne segue ulteriormente che:
      la  legge-quadro  ha  voluto (ed in seguito, come vedremo, vi e'
 sempre stato) un intervento statale specifico,  distinto  dal  quadro
 programmatorio  dell'azione regionale e dalle modalita' di erogazione
 dei contributi regionali ai sensi delle lettere a), b), c), dell'art.
 6 della legge n. 151/1981, per la specifica finalita' del ripiano dei
 disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto;
      i  contributi  di  esercizio  previsti  dalla legge a carico del
 bilancio regionale, non avevano come specifica finalita'  il  ripiano
 dei  disavanzi  di  esercizio  delle  aziende  di trasporto, ed erano
 invece  necessariamente  correlati  ad  una   scelta   pianificatoria
 regionale  e  a  elementi di calcolo previamente stabiliti sulla base
 dell'art. 6 della legge n. 151/1981.
    In  altre  parole,  nel quadro normativo introdotto dalla legge n.
 151/1981, il ripiano dei disavanzi delle aziende di  trasporto  viene
 attribuito allo Stato.
    La  regione,  dal  canto  suo, ha facolta' di erogare contributi a
 carico del proprio bilancio se e in quanto essi siano  funzionali  ad
 una  scelta pianificatoria della stessa regione e funzionali altresi'
 al conseguimento dell'obiettivo della economicita' della gestione, da
 perseguire  con  la  commisurazione  dei contributi ad un calcolo che
 deve tener conto degli elementi di cui  alle  lettere  a),  b)  e  c)
 dell'art. 6.
    7.   -   L'intervento   statale  nella  erogazione  di  contributi
 finalizzati ai ripiano dei disavanzi di esercizio e' confermato dalla
 legislazione  successiva, anche quella intervenuta in anni successivi
 al 1986, ossia precisamente in quegli anni per i quali invece  adesso
 l'art.  2-  bis  della  legge n. 403/1990 pretende di individuare una
 diversa modalita' del ripianamento del  disavanzo  delle  aziende  di
 trasporto, con oneri a carico delle regioni.
    Il citato art. 2- bis trova infatti un precedente (analogo, quanto
 alla previsione della possibilita' di contrarre mutui  per  ripianare
 il  disavanzo  degli  esercizi  delle  aziende  di  trasporto, ma ben
 diverso nello stabilire a carico di chi fosse imposto  l'ammortamento
 dei  mutui,  dal  momento  che  esso  non era addossato alle regioni)
 nell'art. 1 del d.-l. 9 dicembre 1986, n. 833, convertito nella legge
 6 febbraio 1987, n. 18.
    Tale articolo prevede che:
    "1.  I disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche
 e private nonche' dei servizi di trasporto in gestione diretta  degli
 enti  locali relativi agli esercizi 1982, 1983, 1984, 1985 e 1986 che
 non hanno trovato copertura con i contributi di cui all'art. 6  della
 legge 10 aprile 1981, n. 151, sono assunti a carico dei bilanci delle
 regioni in misura pari all'80% del loro ammontare.
    2. Alla maggiore spesa derivante dall'applicazione del primo comma
 le regioni provvedono mediante  operazioni  di  mutuo  con  la  Cassa
 depositi e prestiti secondo procedure e criteri stabiliti con decreto
 del Ministro del tesoro. Non si applicano i limiti  per  l'assunzione
 di   mutui  previsti  per  le  regioni  dalle  vigenti  disposizioni.
 L'ammortamento dei mutui ha inizio a partire dall'anno  successivo  a
 quello  di  concessione  e  il relativo onere e' assunto a carico del
 bilancio dello Stato".
    E'  evidente  che la norma e' analoga a quella censurata in questa
 sede,  con  l'unica  fondamentale  differenza   dell'assunzione   dei
 relativi oneri a carico del bilancio dello Stato, invece che a carico
 dei bilanci delle regioni.
    Dal   combinato   disposto  degli  artt.  1  e  2  emerge  che  il
 ripianamento dell'80% dei disavanzi di  esercizio  delle  aziende  di
 trasporto  e' a carico dello Stato, mentre il residuo 20% e' a carico
 degli enti locali, con esclusione - pertanto  -  di  oneri  a  carico
 delle  regioni,  dal  momento  che ad esse rimangono addossati i soli
 oneri relativi ai  contributi  di  cui  all'art.  6  della  legge  n.
 151/1981, che hanno - come detto - diversa natura e funzione.
    8.  -  In  altre  parole,  il d.-l. n. 833/1986 conferma la scelta
 della legge-quadro sulla attribuibilita'  di  oneri  a  carico  delle
 regioni  per  far  fronte  alle  spese  di esercizio delle aziende di
 trasporto  solo  in  quanto  essi   fossero   inseriti   nel   quadro
 programmatorio  e  conformi agli obiettivi di cui agli artt. 2, 5 e 6
 della legge n. 151/1981, e fossero commisurati agli elementi  di  cui
 alle lettere a), b) e c) dell'art. 6.
    Al   di   fuori   di   questo   specifico  inquadramento,  residua
 l'intervento di mero  ripiano  dei  disavanzi  di  esercizio,  che  -
 confermando  una  scelta  voluta  dalla  legge-quadro  -  il d.-l. n.
 833/1986 e la legge n. 18/1987 addossano allo Stato  per  la  maggior
 parte e agli enti locali per la parte residua.
    9.  -  La  stessa  impostazione  e' successivamente confermata dal
 decreto del Ministro del  tesoro  9  febbraio  1987  ("determinazione
 delle  procedure e dei criteri per l'assunzione, ai sensi dell'art. 1
 del d.-l. 9 dicembre 1986, n. 833, convertito con modificazioni dalla
 legge  6  febbraio  1987,  n.  18,  dei  mutui  di  finanziamento dei
 disavanzi di esercizio dei servizi di trasporto locali relativi  agli
 anni  1982,  1983,  1984,  1985 e 1986"), nonche' dalla circolare del
 Ministro del tesoro n. 60 del 28 settembre 1987.
    Quest'ultima,   dopo   aver   ricordato   quanto  precisato  nella
 precedente  circolare  n.  37  del   23   maggio   1987   sulla   non
 recuperabilita',  tramite  operazioni  di mutuo ai sensi del d.-l. n.
 833/1986, delle somme stanziate annualmente dalle regioni a titolo di
 interventi aggiuntivi rispetto alla quota annuale del fondo nazionale
 trasporti previsto dall'art. 9  della  legge  n.  151/1981,  aggiunge
 tuttavia che "possono ritenersi recuperabili gli interventi regionali
 disposti in eccedenza alla quota  annuale  del  f.n.t.  limitatamente
 pero' a quelli disposti per gli esercizi 1985-86.
    Si  ritiene infatti che tali interventi siano stati attivati nella
 considerazione dell'avvio  delle  iniziative  legislative  intese  ad
 attribuire  ulteriori  risorse  statali  per il settore del trasporto
 locale; iniziative che, avviate con il disegno di legge (atto  Camera
 n.  3095)  presentato  nel  1985  per l'adeguamento del f.n.t. 1982 e
 1983, si sono concluse con la legge n. 18/1987".
    E'  evidente,  dal  riportato testo della circolare, che lo stesso
 Ministero del tesoro e' consapevole non solo della esistenza e  della
 continuita'   di  un  precedente  intervento  statale  a  favore  del
 ripianamento dei disavanzi delle aziende di  trasporto,  ma  altresi'
 della  necessita'  e opportunita' che tale intervento, nelle forme da
 ultimo assunte con il d.-l. n. 833/1986 e con la  legge  n.  18/1987,
 vada  a  colmare  anche le ulteriori somme stanziate dalle regioni in
 eccedenza a quelle previste a loro favore nel f.n.t., almeno per  gli
 anni  1985-86,  dal  momento  che  nelle  regioni  si  era  creato un
 legittimo affidamento sulla prosecuzione  dell'intervento  statale  a
 favore  del  ripianamento  dei disavanzi di bilancio delle aziende di
 trasporto: affidamento che lo stesso Ministero del  tesoro  riconosce
 fondato e tale da non poter essere disatteso.
    10.  -  La  legislazione  regionale  intervenuta  nelle more della
 conversione  del  d.-l.  n.  833/1986,  conferma   che   l'intervento
 regionale  per  il  ripianamento  dei  disavanzi  di  esercizio delle
 aziende  di  trasporto  era  soggetto  ai   precisi   limiti,   anche
 cronologici, in attesa della contrazione dei mutui previsti dal d.-l.
 n. 833/1986 (cfr. legge Toscana 3 febbraio 1987, n. 8, art. 1).
    11.  -  La  previsione  dell'intervento statale di ripianamento si
 inquadra nella piu' generale  previsione  di  un  intervento  statale
 nella materia dei trasporti che e' stata riconosciuta legittima altre
 volte dalla Corte costituzionale, con precisi limiti. Nella  sentenza
 n.  533/1989 la Corte ha respinto i ricorsi della Regione Lombardia e
 delle regioni Emilia-Romagna e Toscana che lamentavano  nell'art.  1,
 secondo  comma,  del  d.-l.  n.  77/1989,  convertito  nella legge n.
 160/1989, la violazione di  competenze  regionali  costituzionalmente
 garantite   perche'  la  norma  aveva  sostituito  l'intesa  prevista
 dall'art. 9 della legge  n.  151/1981  per  la  ripartizione  tra  le
 regioni  del  fondo  nazionale  trasporti  con  un  nuovo  testo  che
 sostituiva  ai  criteri  adottati  dai  Ministri  d'intesa   con   la
 commissione  interregionale  una  decisione  di  iperdettaglio  degli
 stessi Ministri dei trasporti e del  tesoro  preceduta  da  una  mera
 audizione da una commissione Interregionale.
    Nel  respingere i ricorsi, la Corte costituzionale ha sottolineato
 la legittimita' dell'intervento statale in relazione  alle  modalita'
 per  esso previste dalla norma e "tenuto conto degli obiettivi che il
 legislatore statale ha inteso perseguire", ossia della necessita'  "a
 fronte   di   una  legislazione  regionale  in  materia  estremamente
 diversificata... (di) razionalizzare e ricondurre il sistema  ad  una
 maggiore  omogeneita' di disciplina, al fine di risanare il settore -
 che versa in una grave crisi economica e organizzativa - tentando  di
 ridurre  gli  sperperi  e il costante aumento del divario tra costi e
 ricavi".
    La  decisione della Corte conferma la legittimita' dell'intervento
 statale in quanto ricollegato alla riduzione  e  al  controllo  della
 spesa pubblica.
    E'  il  caso  di notare sin d'ora che l'art. 2- bis della legge n.
 403/1990, nello stabilire la facolta' di contrarre senza  limitazioni
 mutui  per  il ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto,
 con ammortamento a  carico  delle  regioni,  non  solo  addossa  alle
 regioni,  al  di  fuori  di  ogni  logica programmatoria e del quadro
 stabilito dalla legge n. 151/1981, cio' che sino ad allora era  stato
 posto  a  carico  dello  Stato, ma contiene prescrizioni che vanno in
 senso opposto a  quello  del  contenimento  complessivo  della  spesa
 pubblica,  dal  momento  che  consente  che  al di fuori di qualunque
 programma  regionale,  la  regione  si  assuma  il  puro  e  semplice
 ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto.
    12.  - La prescrizione dell'art. 2- bis della legge n. 403/1990 si
 pone in contrasto non solo con  la  legge-quadro,  ma  con  tutta  la
 legislazione  successiva,  anche  la piu' recente. Lo stesso d.-l. n.
 77/1989, all'art. 1, conferma la esistenza e la funzione del  f.n.t.,
 parte  esercizio,  pur  stabilendo  che  esso  debba essere in futuro
 proporzionalmente ridotto in relazione al risanamento delle  gestioni
 di  cui  al  secondo  comma  dell'art.  1  dello  stesso d.-l.; anzi,
 aggiunge  una  previsione  di  ulteriore  durata  del  fondo  stesso,
 affermando  che "con apposito provvedimento di riforma della legge 10
 aprile 1981, n. 151, l'ammontare del fondo nazionale trasporti, parte
 esercizio,  sara'  determinato  secondo  criteri  che incentivino una
 corretta  ed  efficiente  gestione  dell'azienda  con  rispetto   del
 carattere  di  socialita'  del trasporto pubblico locale, nonche' del
 regolamento CEE n.  1191/69  in  ordine  agli  obblighi  di  servizio
 pubblico".
    Dal  testo  della  norma  si  ricava  pertanto  che le regioni non
 potevano non contare, anche solo pochi  mesi  prima  dell'entrata  in
 vigore  della  legge n. 403/1990, sulla previsione della sussistenza,
 anche per il futuro, del f.n.t., ossia dello specifico  strumento  di
 intervento statale configurato dalla legge n. 151/1981 per il ripiano
 dei disavanzi di esercizio delle aziende  di  trasporto  pubbliche  e
 private.
    Inoltre,  ancora  nel  1989, l'art. 2 del d.-l. 29 maggio 1989, n.
 201, autorizzava i tesorieri delle  regioni  e  degli  enti  pubblici
 gestori di servizi di pubblico trasporto a concedere, anche in deroga
 alle loro norme  statutarie,  anticipazioni  straordinarie  di  cassa
 entro  il  limite  della  maggiore  spesa occorrente per la copertura
 dell'80% dei  disavanzi  di  esercizio  delle  aziende  di  trasporto
 relativi  agli  anni  dal  1982 al 1986, affermando altresi' (art. 2,
 quarto comma) che l'esposizione debitoria delle regioni e degli  enti
 pubblici  in  relazione a tali anticipazioni era assunta a carico del
 bilancio dello Stato.
    13. - L'intervento statale nel settore dei trasporti e' confermato
 poi dall'art. 4 della legge 15 dicembre 1990, n. 385, che  stabilisce
 che  al  Ministro  dei  trasporti  spetta  la  scelta del servizio da
 sovvenzionare tra servizi in concorrenza, ai  fini  dell'applicazione
 dei  contributi di esercizio di cui alla legge n. 151/1981, di sicura
 spettanza delle regioni, qualora queste  non  abbiano  esercitato  la
 scelta  del servizio prevista all'art. 1, secondo comma, del d.-l. n.
 77/1989.
    Lo  stesso  art. 4, al quarto e quinto comma, continua a prevedere
 un intervento (stavolta specificamente finalizzato  alla  concessione
 di  contributi  alle aziende per la diminuzione del carico inquinante
 delle emissioni di scarico degli autobus) direttamente da parte dello
 Stato, per la somma complessiva di 30 miliardi.
    In  sostanza,  anche  la piu' recente legislazione, immediatamente
 precedente alla vera e propria svolta testimoniata dall'art.  2-  bis
 della  legge  n.  403/1990, continua a prevedere l'intervento statale
 nella materia della disciplina del trasporto pubblico.
    14.  -  La  norma  posta  dall'art. 2- bis della legge n. 403/1990
 introduce un irragionevole mutamento di rotta senza che vi sia alcuna
 ragione tranne quella, illegittima di addossare una parte delle spese
 statali alle  regioni.  Questo  mutamento  e'  ingiustificato  ed  e'
 assunto  in  violazione  dei  principi'  posti  dalla  Corte, per cui
 qualora lo Stato ponga a carico di un altro soggetto pubblico carichi
 pecuniari  deve  provvedere  i  mezzi  per  farvi fronte e per cui la
 regione non puo' essere tenuta a colmare disavanzi di  enti  che  non
 sono  governati  dalle  regioni  e  del  cui  deficit non puo' essere
 responsabile la regione. Altro  e'  l'erogazione  di  contributi  nel
 quadro  programmato, altro e' il ripiano di deficit formati contro le
 indicazioni programmatorie.
    La  norma,  inoltre, e' intrinsecamente contraddittoria con quella
 dell'art.  2  della   stessa   legge   n.   403/1990,   che   prevede
 un'autorizzazione agli enti locali a contrarre mutui decennali per la
 copertura dei disavanzi delle  aziende  di  trasporto  relativa  agli
 esercizi 1987-90; l'art. 2- bis prevede la stessa autorizzazione alle
 regioni per gli stessi mutui, con una sovrapposizione e confusione di
 ruoli fra comuni e regioni.
    Obiettare che l'art. 2- bis introduce una previsione che si limita
 a facoltizzare l'accensione di mutui senza vincolare  le  regioni  al
 ripiano dei disavanzi non tiene conto del contesto delle norme.
    Un'autorizzazione  di  assunzione  di  mutui  con mezzi finanziari
 propri e a carico del proprio bilancio, come dice l'art. 2-bis, e' di
 per  se',  superflua: se la legge la prevede e' perche' intende porre
 un'indicazione che  altrimenti  sarebbe  inutile  e  una  deroga  che
 scardina  i  principi  posti da una legge-quadro, violando l'art. 119
 della Costituzione che prevede  un  potere  legislativo  statale  per
 assicurare  un  coordinamento  e non una dispersione ed eversione dei
 bilanci regionali e di qui principio di buona amministrazione sancito
 dall'art. 97 della Costituzione.
    Introdurre   in   un   sistema   di   previsioni  di  spese  e  di
 programmazione una sanatoria finanziaria o ripianamento a  favore  di
 chi  non  ha seguito le norme ed ha creato disavanzi che l'osservanza
 delle norme avrebbe evitato per di piu'  senza  che  vi  sia  nessuna
 previsione di sanzioni, e' illegittimo perche' contrasta con principi
 fondamentali, e' del tutto irragionevole, urta contro un sistema  che
 esige   ragionevolezza   (art.   3,   primo   comma,  art.  97  della
 Costituzione) responsabilita' (art. 28) e non  consente  che  vengano
 addossati   a   soggetti  estranei  al  comportamento  che  porta  al
 ripianamento (quali sono le regioni)  responsabilita'  e  conseguenze
 dei   comportamenti   dei  soggetti  che  hanno  reso  necessario  il
 ripianamento. Un tal modo di legiferare si risolve in  un  contributo
 cospicuo  all'incremento  delle spese, all'incremento del deficit del
 bilancio della finanza allargata, entro cui si trasferisce il peso da
 un  soggetto ad un altro in modo arbitrario e illegittimo, agendo con
 sostanziale retroattivita' di per se' illegittima.
    Invero  le regioni vengono tenute oggi ad aggravare i loro bilanci
 per spese effettuate anni prima che erano regolate da una  normazione
 diversa,  ispirata  a  principi  opposti  (come e' stato ricordato in
 precedenza sub 7), creando  perturbazioni  all'ordinata  sequenza  di
 previsioni  alle  quali  e'  predisposto  l'istituto  del  bilancio e
 l'intero congegno della spesa pubblica e ripetendo  anche  in  questa
 ottica la contraddittorieta' - questa volta - diacronica che vizia la
 norma. Ne' puo' essere taciuto  che  nel  contesto  di  provvedimenti
 normativi  di cui prima abbiano seguito la sequenza, la previsione di
 mutui da parte  delle  regioni  per  ripianare  deficit  di  bilanci,
 innovando  le  posizioni  rispettive  dello  Stato  e  delle regioni,
 comporta  un  effetto  di  aspettative  che   si   risolve   in   una
 contraddizione  nell'ambito  della  legge  n.  403/1990 stessa per il
 contrasto fra l'art. 2 e il 2- bis e nell'insorgere  di  pretese  nei
 confronti  delle  regioni  le  cui  previsioni finanziarie sancite da
 norme e da bilanci vengono travolte.
    15.  -  Va  aggiunto  che  anche la previsione relativa al decreto
 ministeriale che stabilisce criteri e procedure per l'assunzione  dei
 mutui  e'  illegittima,  in  quanto  sostituisce  allo  strumento  di
 coordinamento previsto dall'art. 19 della Costituzione che e' solo la
 legge,  un  atto  amministrativo che viene a regolare un'attivita' di
 erogazione di mutui a carico del bilancio  regionale  in  materia  di
 competenza  regionale.  In  questo  senso,  la disposizione dell'art.
 2-bis, terzo comma, si pone  contro  il  ripetuto  insegnamento  e  i
 ripetuti interventi della Corte.